Come avviene il cambiamento?

cambiamento

Come avviene il cambiamento?

Collaborando in azienda e nelle imprese di famiglia, mi capita spesso di suggerire alle persone di comportarsi in maniera piuĖ€ organizzata e, con una o piuĖ€ sessioni di lavoro, spiego come organizzare il lavoro in maniera piuĖ€ efficace. Per esempio, quando mi incontro con la forza vendita, impongo di fare piuĖ€ visite per raggiungere il target del trimestre. Non dico che tutto cioĖ€ non serva a nulla, anzi, probabilmente un qualche tipo di utilitaĖ€ c’eĖ€, per quanto limitata e incapace di spingere le persone al cambiamento. 

Si cambia esclusivamente grazie a micro decisioni autodeterminate, quando la persona decide in piena autonomia di migliorare e lo decide grazie a queste piccole scelte che prende nel corso della propria vita. Ne consegue che spingere i collaboratori a modificare le proprie abitudini ha una certa utilitaĖ€, ma nel momento in cui questa pressione cessa tutto ritorna com’era prima.

PuÃē esservi capitato di sentirvi dire che certe procedure potevano essere migliorate e, pur essendo d’accordo, di aver continuato ad applicarle senza modificarle, fino a quando non ÃĻ scattato un qualcosa che vi ha convinto a decidere di cambiarle. È l’individuo che deve decidere e, per farlo, ha bisogno di piccoli impulsi che possano cambiare il suo stato, ossia di consigli che possano stimolarlo a decidere e a modificare lo stato esistente delle cose. Questi impulsi si possono concretizzare in sessioni formative, in seminari o in workshop nei quali qualcuno ispiri i partecipanti e dia loro consigli da cui possano apprendere, per poter poi poter decidere. 

Tante piccole decisioni possono portare a un grande cambiamento.

Il compito di un leader non ÃĻ, quindi, quello di bersagliare i propri collaboratori con ininterrotte filippiche, ma di creare intorno alle persone che gestisce una cultura, ossia un insieme di idee, di ambienti e di stati emotivi

 che porteranno i collaboratori a confrontarsi tra loro e prendere decisioni. Leader eĖ€, pertanto, chi eĖ€ in grado di creare intorno alle persone l’ambiente e le condizioni affincheĖ possano decidere.

In quest’ottica eĖ€ importante, allora, il pieno apprezzamento del lavoro svolto, poicheĖ genera uno stato emotivo che stimola il collaboratore a migliorare ulteriormente, ossia a prendere una piccola decisione positiva. Il fatto che il leader lo riconosca come persona e si renda conto che lui “c’eĖ€â€ crea nel collaboratore uno stato emotivo positivo e lo porta a fare scelte all’insegna del cambiamento. In altre parole, fate sentire ai vostri collaborati che tenete a loro come individui.

Stephen Covey diceva: “Non mi interessa quello che dici fino a che non sento che tu ti interessi a me”. Nessuno di noi eĖ€ ricettivo verso una qualsivoglia forma di persuasione, a meno che non senta prima che l’altra persona si interessa veramente a lui come persona.

Share this post

Read More

Valori e Cultura ai tempi del CoronaVirus

0 (3)

Valori e Cultura ai tempi del CoronaVirus

Tranquilli, non spaventatevi.

Non parlerÃē di “Cultura” anche se pensando al nostro patrimonio culturale, in questi giorni blindato, un pÃē di magone per gli effetti negativi sul nostro turismo culturale, mi si accende.

Volevo invece prendere lo spunto da una riflessione di un amico, Tomas Barazza di H-farm, per approfondire un elemento che arricchisce le riflessioni che spesso ultimamente propongo in relazione al mondo delle imprese e piÃđ specificatamente nel mondo delle imprese di famiglia.

Mai come in questo momento abbiamo la fortuna di misurare l’attaccamento del nostro “Capitale Umano“.

Nelle imprese di famiglia abbiamo visto molte volte dimostrazioni di affetto dei dipendenti con pagine pubblicitarie, targhe commemorative, flash-mob e altro ancora, dedicate all’imprenditore di riferimento.

Certamente ottime dimostrazioni di affetto e di riconoscimento verso il fondatore o rispetto alla famiglia di riferimento.

Tutto sincero e credibile quanto difficile da misurare rispetto all’impegno quotidiano.

Lo smart-working ÃĻ certamente una nuova opportunità che nessuno avrebbe pensato di mettere alla prova in un modo cosÃŽ pervasivo e rilevante.

Certo ci sono aspetti organizzativi e ambiti psicologici che sono impattati da questo nuovo vincolo.

Io desidero soffermarmi su un aspetto che mi sembra particolarmente rilevante e legato alla misurazione delle attività svolte dalle persone in condizioni di mancanza di controllo.

Ho trovato spesso realtà dove la presenza a fine giornata, la luce dell’ufficio acceso fino a ore tarde, essere l’ultimo ad uscire in auto, erano considerati elementi di valore. Se ci sei produci. Se sei in giro come posso misurare la quantità, prima ancora della qualità, dedicata alla mia impresa?

Oggi tanti addetti possono lavorare da casa.

Certo i progettisti o gli informatici (scusandomi per la semplificazione della classificazione, e scusandomi soprattutto con gli ingegneri…) sono da molto ormai abituati ad operare per progetti e la qualità del loro lavoro passa prima di tutto sul rispetto dei termini di consegna.

Per tutti gli altri come posso essere sicuro della dedizione e dell’impegno ad operare al meglio per l’impresa?

Mai come in questo momento ci renderemo conto dell’attaccamento del nostro personale al lavoro e al miglioramento continuo nei compiti solo e soltanto se avremo costruito una cultura solida e un vero allineamento ai valori dell’impresa.

Oggi avremo una cartina di tornasole unica per comprendere chi opera realmente con passione nella nostra impresa e condivide la visione di fondo.

Per molti imprenditori sino ad oggi era difficile spiegare il significato di merito e di attaccamento all’impresa. Oggi potranno toccare con mano quanto le persone possano contribuire alle attività e alla continuità dell’impresa grazie all’impegno e allo stimolo quotidiano a migliorarsi.

Stimoli e impegno che non nascono e si sviluppano solo per un riconoscimento monetario ma al contrario per passione e per la soddisfazione quotidiana di contribuire allo stesso sogno dell’imprenditore.

Personalmente non credo che lo smart-working sia destinato a soppiantare le relazioni interpersonali nei corridoi, nelle sale riunioni o nelle pause caffÃĻ aziendali.

Credo e mi auguro che questo tempo trascorso in quarantena, lavorando da casa, abbia aiutato le imprese a comprendere se si ÃĻ fatto un buon lavoro sulle fondamenta del nostro “capitale umano“. Se avremo avuto un riscontro sincero e efficace di reale attaccamento alla continuità dell’impresa, potremo orgogliosamente affermare di aver seminato e lavorato per consolidare una cultura di successo.

Al contrario avremo compreso che al nostro rientro dovremo ripartire dalla costruzione di una maggiore consapevolezza dei valori dichiarati e praticati che sono alla base della “cultura” della nostra impresa assieme al sogno, allo scopo e al perchÃĻ facciamo quello che facciamo.

Da questo ripartiremo nelle prossime settimane, perchÃĻ da casa, o nelle nostre nuove postazione di lavoro, ripartiremo con collaboratori che avranno piÃđ o meno compreso l’attaccamento all’impresa perchÃĻ oggi ÃĻ finalmente parte della loro vita quotidiana affinchÃĻ il primo pensiero della giornata di lavoro sia dedicato alla vostra impresa.

Share this post

Read More

Chi ama le etichette

0 (2)

Chi ama le etichette

Nasciamo e ci appiccicano subito un’etichetta.

Pensate a tutti i nomignoli piÃđ o meno felici che parenti e amici di famiglia hanno voluto darci nel tempo.

Nomi che diventano come uno steccato, un recinto dove inconsciamente, ci abituiamo a stare, o pensiamo di dover stare perchÃĻ in fondo gli altri ci vedono cosÃŽ.

E poi cresciamo e ancora si aggiunge l’etichetta del progressista o del conservatore, di essere di destra o di essere di sinistra e cerchiamo di adattare i nostri pensieri e le nostre convinzioni a questi recinti.

Come se il recinto fosse la nostra area di confort. Ci riconosciamo e dunque quanto bene riusciamo a rimanere in questo pezzo di mondo con le persone che ci vedono come loro e dunque anche noi e loro insieme nella nostra area di confort.

Ancora mi viene in mente come addestrano gli elefanti in India.

Fin da piccoli li legano con una catena ad un paletto, vincolando loro ogni movimento.

Cresciuti, gli elefanti sono ormai consapevoli che quello ÃĻ il loro mondo e dunque non potranno uscire da quell’area delimitata dal percorso e della lunghezza della catena.

Le etichette sono un pÃē come la catena del povero elefante indiano.

Nelle nostre imprese di famiglia, quanto ÃĻ facile trovare genitori che ormai hanno identificato nel “piccolo” l’etichetta per il futuro direttore generale, ormai cinquantenne, che per le sue caratteristiche di essere “piccolo” non ÃĻ ancora pronto a guidare l’impresa.

E ovviamente questo succede anche nelle imprese multinazionali.

Proprio durante una sessione di coaching ad un manager, mi confronto proprio su questo aspetto. L’organizzazione per un’insieme di episodi ti appiccica una etichetta. E’ “usuale” che nelle organizzazioni si ricerchi la “catalogazione”.

Tuttavia, il rischio, ÃĻ di lasciarsi andare e ritenere che l’etichetta sia quella giusta e che coincida con il proprio “essere”.

Magari ci fa comodo, ci porta in un’area di comodità, nella quale stiamo bene perchÃĻ ci identificano con una persona efficiente e produttiva.

Poi scavando ci si accorge che siamo diversi. Che la nostra indole, la nostra identità, ci porterebbe in realtà ad essere molto diversi.

Scoprire il nostro potenziale, le nostre attitudini, la nostra personalità.

Essere unici e distintivi non ÃĻ soltanto lo slogan per un prodotto ÃĻ anche per ciascuno di noi il tentativo di comprendere chi siamo e cosa realmente vogliamo essere.

Riconoscerlo e riconoscersi ÃĻ il primo passo per la costruzione di una vita migliore.

Share this post

Read More